Chiaravalle, ... ma anche l'Abbazia (parte II)

A cura della Fondazione Milano Policroma
Testo di Riccardo Tammaro

Concludiamo con questo articolo la serie dedicata a Chiaravalle: ci rimane da parlare della parte artistica dell'Abbazia, che è davvero notevole. Ricordiamo che la dedicazione della chiesa è a Maria Vergine, come abitudine dei Cistercensi, e il nome completo è "Santa Maria in Rovegnano", dal nome del luogo in cui fu eretta.
Iniziamo con l'ingresso: l'accesso al complesso avviene attraverso una torre cinquecentesca, costruita per volere di Luigi XII di Francia; per le donne. che secondo la regola non potevano recarsi nella chiesa dell’abbazia, tranne che nel giorno della festa della Dedicazione, venne eretta a sinistra, accanto all'androne, la chiesetta di San Bernardo, edificata nel 1412, in cui si trovano notevoli affreschi attribuiti al lodigiano Callisto Piazza.

La facciata è duecentesca (con pronao del 1625), ha la tradizionale forma a capanna ed è percorsa da una cornice sorretta da archetti in cotto a tutto sesto; il campanile è del 1568, di forma poco slanciata. L'elemento però che più caratterizza il complesso è senza dubbio la torre nolare, detta dai milanesi "ciribiciaccola".
La torre nolare sale partendo dal tiburio fino a un'altezza di 9 metri, con due sezioni di forma ottagonale, per poi diventare di forma conica per 11,97 metri. Da qui alla fine della croce, posta su di un mappamondo, si raggiunge l'altezza di 56,26 metri.
Ognuna delle zone è divisa a sua volta in due parti che sono caratterizzate dall'abbondanza di archetti pensili di varie forme, con cornici lavorate e accompagnate dai pinnacoli conici bianchi che delimitano le zone. Le bifore, trifore e quadrifore sono formate da marmo di Candoglia, mentre le monofore sono in cotto. La data esatta di costruzione non è conosciuta, ma è stata datata 1329-1340 e attribuita a Francesco Pecorari di Cremona.

Una volta entrati, si nota che la chiesa è a tre navate e a croce latina, in uno stile tra il romanico e il gotico. Sull'interno della facciata si nota subito l'affresco dei fratelli Della Rovere (detti i Fiammenghini, o Fiamminghini, per via del padre nativo di Anversa), il cui soggetto è la consacrazione della chiesa. Camminando sul pavimento in cotto verso l'altare, si possono notare le colonne ricoperte qua e là di affreschi; ma giunti al centro della navata l'attenzione viene senz'altro attirata dal coro, uno dei migliori del mondo, opera in noce del 1645 di Carlo Garavaglia.
Gli stalli, 24 per parte, sono disposti su due file, divisi ognuno da figure di angioletti collegati da una cimasa arricchita di fregi e da una serie di inginocchiatoi; gli schienali, magistralmente intarsiati, raffigurano scene della vita di San Bernardo. Sopra il coro si trovano affreschi raffiguranti monaci ed angeli.
Notevole è infine il transetto: il presbiterio è infatti fiancheggiato da tre cappelle, una per ogni lato, che si aprono sui due bracci del transetto. Nel transetto destro la prima cappella è dedicata San Bernardo; la seconda è una cappella con affreschi che illustrano la vita di Cristo, e la terza cappella illustra fatti della vita di San Benedetto. Nel transetto sinistro la prima è la cappella del Rosario, la seconda è dedicata a Santo Stefano e la terza cappella contiene una tela attribuita ai fratelli Campi da Cremona, con la Crocifissione.
Un altro capolavoro artistico si trova lungo la parete del transetto destro, dove corre la scalinata che porta al dormitorio dei monaci. Alla sua sommità, sulla parete del pianerottolo, è raffigurata la "Madonna della buona notte" di Bernardino Luini, del 1512; sulla parete sottostante si trova un grande affresco dei Fiamminghini, con l'albero genealogico dei benedettini, di cui l'Ordine cistercense è il ramo più cospicuo.

A questo punto per una porta laterale ci possiamo portare nel chiostro. Del chiostro duecentesco originale rimangono oggi solamente il lato settentrionale adiacente alla chiesa e due campate; sopra la porta si può vedere un affresco della Vergine in trono con Bambino onorata da Cistercensi, della prima metà del XVI secolo attribuita un tempo a Gaudenzio Ferrari ed ora da taluni a Callisto Piazza.
A fianco dell'affresco vi è la lapide scritta in caratteri semigotici, posta in occasione della consacrazione della chiesa nel 1221, sormontata dalla cicogna. Apriamo una parentesi sulla presenza delle cicogne in questi luoghi: esse popolavano l'acquitrino su cui sorse nel XII secolo l'abbazia e vi rimasero fino al 1574; in loro onore, lo stemma della chiesa raffigura una cicogna, un pastorale e una mitria, e lo si può vedere scolpito sui battenti del portale d'ingresso.
Tornando al chiostro, notevoli sono gli archi in cotto, le cordonature delle volte a crociera, le trifore ad archi acuti sorretti da colonnine binate con gli interessanti capitelli scolpiti con foglie, aquile e volti umani; da notare le colonnine annodate poste sull'angolo lato nord-ovest.
Vale infine la pena di citare, nell'area abbaziale, il mulino recentemente restaurato, dopo 10 anni di lavoro; l'antico edificio, coevo dell'Abbazia, potrà ora riprendere a funzionare: i lavori hanno infatti consentito non solo il restauro delle strutture ma anche la riattivazione del sistema molitorio, con finalità sia produttive sia didattiche.